Biografia

«Viviamo in un mondo fantasmatico con il quale entriamo gradatamente in dimestichezza»

Alberto Savinio, 1919

 

 

Infanzia


 
Alberto Savinio ritratto da bambino

Alberto Savinio ritratto da bambino

Autoritratto, 1927

Autoritratto, 1927

Alberto Savinio nasce ad Atene il 25 agosto 1891, col nome di Andrea de Chirico, fratello di Giorgio de Chirico, nato a Volos nel 1888. Sceglierà di chiamarsi Alberto Savinio negli anni del primo soggiorno a Parigi, iniziato nel 1910.
Il padre dei fratelli de Chirico, l’ingegnere Evaristo, apparteneva a una nobile famiglia italiana di diplomatici, che aveva soggiornato a San Pietroburgo e poi a Costantinopoli.

Evaristo de Chirico era proprietario di un’impresa di costruzioni ferroviarie, e aveva, fra l’altro, installato in Grecia la linea Atene-Larissa, in Tessaglia.
Mentre Giorgio de Chirico era avviato a studi di pittura presso il Politecnico di Atene, Savinio studiava musica, diplomandosi giovanissimo, a dodici anni, in pianoforte.

 
 
 

Alla morte del padre, nel 1905, i due fratelli, con la madre Gemma, lasciano la Grecia e, dopo un primo soggiorno in Italia, con soste a Venezia e a Milano per conoscere il loro paese d’origine, si trasferiscono a Monaco di Baviera. Qui de Chirico frequenta l’Accademia di Belle Arti e il quindicenne Savinio prende lezioni di armonia e contrappunto dal famoso compositore Max Reger.
Le suggestioni che entrambi i fratelli de Chirico ricevono dalla cultura tedesca sono essenzialmente quelle del pensiero di Schopenhauer, di Nietzsche e di Otto Weininger, oltre a quelle della musica di Wagner e della pittura di Arnold Böcklin.

Durante questo periodo, mentre Giorgio de Chirico soggiorna a Monaco, Savinio con la madre trascorre qualche tempo a Milano con l’intenzione di trovare uno sbocco, attraverso Casa Ricordi, alla sua attività di compositore. Un’opera, Carmela, composta a sedici anni, aveva infatti interessato Mascagni. Il progetto non si realizza, ma Andrea de Chirico, futuro Alberto Savinio, continua la sua attività di compositore, e anche insieme una fitta attività di scrittura letteraria.

I fratelli de Chirico con un gruppo di garibaldini, Volos, 1896

I fratelli de Chirico con un gruppo di garibaldini, Volos, 1896

 

Anni 10


 
Parigi, 1910

Parigi, 1910

 

«È uno spirito eminentemente drammatico, e ha la speranza e la volontà di portare sulla scena il soffio potente di una vera poesia. Crede di poter presentare a teatro e far emergere con la sua musica tutto quello che, nella nostra epoca, si rivela sotto una forma strana ed enigmatica»

Guillaume Apollinaire, 1914

Nel 1910 decide di andare a Parigi, dove si sta formando, intorno alla persona del poeta Guillaume Apollinaire e degli artisti e letterati a lui vicini – Picasso, Max Jacob, Francis Picabia, ecc. – l’avanguardia moderna.
Savinio entra subito in contatto con Apollinaire, e ne diventa amico. Pubblica nella rivista di Apollinaire «Les soirées de Paris» il suo primo testo poetico in francese, Les chants de la mi-mort, e anche testi teorici e programmatici sulla musica.

Les chants de la mi-mort erano corredati da musiche composte per uno spettacolo totale mai realizzato. La suite per pianoforte dei Chants, insieme ad altri pezzi per canto e piano, sono il programma di un concerto, tenuto nel maggio del 1914 nella sede de «Les soirées de Paris». Il concerto che impressionò molto gli ascoltatori, fra cui i maggiori esponenti della cultura d’avanguardia parigina, Picasso, Archipenko, Paul Guillaume e gli italiani Soffici e Canudo presenti a Parigi, per la foga e la vera irruenza del giovane compositore e pianista.

In una nota di molti anni dopo Savinio ha dichiarato che i personaggi dei Chants de la mi-mort sono all’origine della pittura metafisica del fratello Giorgio de Chirico. Savinio dichiara anche che le sue composizioni di quegli anni sono l’equivalente musicale della poesia di Apollinaire e della pittura del fratello Giorgio de Chirico.
Sulla rivista «Les soirées de Paris» è scritto che le scene e i costumi dei Chants sono di mano dell’autore. Appare quindi che l’attività di pittore di Savinio è iniziata ben prima dell’inizio ufficiale nel 1925.

Nel 1914 scoppia la guerra. Nel 1915 l’Italia entra in guerra e i due fratelli Giorgio e Andrea de Chirico sono mobilitati e raggiungono, in Italia, il distretto di Ferrara.
I due fratelli prendono casa a Ferrara, insieme con la madre Gemma, in Via Montebello, di fronte a Palazzo Tibertelli, di Filippo De Pisis. Mentre Savinio dedica a Ferrara il testo Frara, città del Worbas, De Pisis scrive su Ferrara La Città dalle 100 Meraviglie, dedicato a Savinio. A Ferrara Giorgio de Chirico e Carlo Carrà vengono ospitati all’Ospedale di Villa del Seminario fino alla fine della guerra.

L’incontro a Ferrara di Carrà con de Chirico, Savinio, De Pisis, determinerà la diffusione della pittura metafisica, che de Chirico aveva elaborato per suo conto. Nel giugno del 1917 Savinio è inviato sul fronte orientale a Salonicco come interprete di neogreco. Dal fronte invia testi letterari a molte riviste d’avanguardia italiane e straniere come «Dada» di Tristan Tzara, nel primo numero della quale, nel 1917, è pubblicato Un vomissement musical, nel terzo numero Seconde origine de la voie lactée.
Alla fine del 1918 viene smobilitato, ritorna in Italia e raggiunge la madre e il fratello a Roma. Continua una fitta collaborazione con le riviste d’avanguardia. Nel 1918 esce il suo primo libro italiano, Hermaphrodito, per le Edizioni de La Voce.

 
 

Anni 20


 
 

Nel 1920 su «Il Convegno» pubblica La casa ispirata. Intanto collabora con testi di estetica alla rivista «Valori plastici» di Mario Broglio. Questa rivista intende rappresentare un «richiamo all’ordine» nel campo delle arti, come contemporaneamente «La Ronda» di Cardarelli nel campo letterario.

Nel 1924 entra in contatto con il gruppo di giovani autori e attori che danno vita al Teatro d’Arte: Bontempelli, Prezzolini, Orio Vergani, Stefano Landi e suo padre Luigi Pirandello, che ne assumerà la direzione. Per il Teatro d’Arte scrive il Capitano Ulisse, programmato per il 1925, che sarà rappresentato solo nel 1938. Al Teatro d’Arte va in scena La morte di Niobe, tragedia mimica, la cui parte musicale era stata scritta nel 1913, con scene e costumi di Giorgio de Chirico. Il testo letterario è pubblicato nel 1925 su «La rivista di Firenze», diretta da Giorgio Castelfranco.

Nell’aprile del 1926 Savinio invia al fratello de Chirico a Parigi un gruppo di opere pittoriche su carta; de Chirico gli risponde subito definendo questi disegni «molto belli e impressionanti tutti». Nel luglio 1926 si trasferisce a Parigi con la moglie, l’attrice Maria Morino conosciuta al Teatro d’Arte, e inizia un’attività di pittore.

Secondo De Pisis «Savinio di già dipingeva. Ricordo certi disegni a penna, quasi preraffaelliti o böckliniani, con templi greci e figure in pepli neri in riva al mare».
E Giorgio Castelfranco da parte sua dice: «È interessante questo fenomeno per noi storici dell’arte; la chiave si trova quasi nella bottega del Rinascimento. Il veder lavorare, essere accanto a chi dipinge, permette evidentemente di apprendere insensibilmente attraverso l’occhio e la memoria».
Stringe rapporti con mercanti d’arte parigini, come Jeanne Castel, ex segretaria e socia di Paul Guillaume.
Nell’ottobre del 1927 tiene la prima mostra presso la Galerie Bernheim Jeune, presentato da un calligramme di Jean Cocteau.
Gli anni di Parigi sono per Savinio di grande attività pittorica.

Nel 1928 nasce a Parigi la figlia Angelica.

Sodoma,1929

Sodoma,1929

«Ogni ricordo, e l’ombra di una rappresentazione di ciò che fu l’infanzia, è la conferma spietatamente crudele che la vita, per legge, è una sconfitta»

Alberto Savinio, 1919

 
 

Anni 30


 
 
Maria Morino, 1924

Maria Morino, 1924

«Tutta la mitologia moderna ancora in formazione ha le sue fonti nelle due opere, quasi inscindibili nello spirito, di Alberto Savinio e di suo fratello Giorgio de Chirico»

André Breton, 1937

A Torino nel 1932 tiene una grande mostra personale presso la «Società amici dell’Arte» al Parco del Valentino e contemporaneamente tiene una mostra a Firenze nei locali del giornale «La Nazione».

Nel 1933 è il suo rientro definitivo in Italia, a causa della crisi economica, e vive per un certo periodo a Torino, a Milano, e dal 1937 definitivamente a Roma.
Nel 1934 nasce a Torino il figlio Ruggero.

Negli anni Trenta, in Italia, Savinio continua e intensifica la pittura di ritratto, già esercitata negli anni parigini. Sono ritratti di parenti, di amici, intellettuali e artisti. Nel catalogo dell’importante mostra alla Galleria il Milione di Milano del 1940 scrive:

«Il mio amico Libero De Libero dice che i miei ritratti sono altrettanti giudizi. I ritratti non si chiedono più ai pittori, ma ad alcuni specialisti dell’eufemismo. L’uomo non ha più il coraggio di sopportare un giudizio su se stesso, e tanto meno di pagarlo. Al quale coraggio si dovrebbe aggiungere anche il dovere di assomigliare al proprio ritratto».

Continua l’attività letteraria e la collaborazione a giornali e riviste.
Tragedia dell’infanzia, per iniziativa di Libero De Libero, è pubblicato nelle Edizioni della Cometa, a Roma, nel 1937.
A quell’epoca Carlo Belli scriveva: «Savinio era inafferrabile come certi saggi orientali che hanno fatto il pieno della sapienza. Aveva capito tutto prima di tutti, e questo privilegio, anziché inorgoglirlo, lo intristiva».

Questi anni vedono una fitta attività letteraria. Collabora con giornali, come nel 1934 «La Stampa» di Torino. Sempre nel 1934 dirige la rivista «Colonna». Nel 1935 dirige, insieme con Carlo Peroni, «Il Broletto», rivista che esce a Como. Dal 1937 collabora con la rivista «Omnibus» di Leo Longanesi, chiusa nel 1939 per un articolo di Savinio sulla morte di Leopardi a Napoli, considerato irriverente dal regime.
Nel 1938 pubblica da Vallecchi Achille innamorato, che comprende racconti in parte scritti negli anni di Parigi; nel 1939 pubblica Dico a te, Clio, il resoconto di un viaggio nell’Italia segreta fra Abruzzo e Etruria.

 
 

Anni 40-50


 
 

In questo periodo Savinio tiene varie mostre: nel 1940 alla Galleria il Milione di Milano, con un’autopresentazione in catalogo e un testo di de Chirico.

Negli anni di guerra escono i libri che gli procurano maggiore fama: Infanzia di Nivasio Dolcemare (1941), Casa «la Vita» (1943), Narrate, uomini, la vostra storia (1943), La nostra anima (1944), con due litografie, Maupassant e l’«Altro» (1944), Sorte dell’Europa (1945). Dal 1941 stende per la rivista «Domus», diretta da Giò Ponti, le voci raccolte nel volume Nuova Enciclopedia, pubblicato postumo.
Nel 1945 tiene una mostra a Roma alla Galleria La Margherita di Irene Brin e Gaspero Del Corso. Nello stesso anno esegue la litografia I miei genitori presso il Concilium Litographicum di Velso Mucci, dove compaiono le figure di «poltromamma» e «poltrobabbo», metamorfosi dei genitori incorporati alle loro poltrone. 

Alla fine degli anni Quaranta intensifica l’attività del disegno pubblicando nel 1944 le illustrazioni per Luciano di Samosata, Dialoghi e saggi, e Una storia vera, corredati da una prefazione e note di Savinio. Nel dopoguerra continua la collaborazione a giornali e riviste, come «Il Corriere della Sera» e «Il Corriere d’Informazione». Sempre nel dopoguerra ritorna alla musica, componendo componendo nel 1946 il balletto Vita dell’uomo.
In questo periodo realizza anche molti allestimenti scenici di opere liriche per il Teatro alla Scala: Oedipus Rex di Stravinskij nel 1948, nel 1949 I racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach, nel 1950 L’uccello di fuoco di Stravinskij, e nel 1951 il balletto, o tragicommedia mimata e danzata, Vita dell’uomo, con scene e costumi suoi.
Come musicista compone anche l’operina in un atto Orfeo vedovo, rappresentata nell’autunno del 1950 a Roma per gli «spettacoli dell’Anfiparnaso». Compone anche, sempre nel 1950, l’opera radiofonica Agenzia Fix, e l’anno seguente un’altra opera radiofonica: Cristoforo Colombo.
Scrive anche i testi teatrali La famiglia Mastinu (1948), Emma B. vedova Giocasta (1949), Alcesti di Samuele, messo in scena da Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano nel 1950.
Come pittore tiene una mostra alla Galleria La Bussola di Torino nel 1950 e nello stesso anno alla Galleria Lo Zodiaco di Roma.
Nel 1951 è invitato con una sala personale alla rassegna «Artisti d’Italia» presso il Palazzo Reale a Milano. Nello stesso anno allestisce scene e costumi per Armida, di Gioachino Rossini, al Maggio Musicale Fiorentino.

Il 5 maggio del 1952 muore improvvisamente a Roma.

Poveromo, 1949 Studio di Savinio

Poveromo, 1949 Studio di Savinio

«Savinio non è un pittore come s’intende in termini di pura “critica d’arte”: prima di tutto è un cervello, una fabbrica d’idee»

Palma Bucarelli, 1945

 

 
 
Savinio 8.jpg

«La mia pittura non si deve guardare, non si può giudicare come si guarda, come si giudica la pittura nata direttamente dall’occhio, dalla pennellata, dal colore, dai rapporti di tono, da altre sciocchezze… le mie pitture non finiscono dove finisce la pittura. Continuano. E si capisce. Erano già nate prima che fossero dipinte. È giusto che vivano anche di là dalla superficie dipinta»

 Alberto Savinio, 1949